Eugenio MONTALE

 

Paul GAUGUIN
 
Van Gogh che dipinge i girasoli  1888

 
 

Vincent VAN GOGH I girasoli 1888

 
 

Portami il girasole ch’io lo trapianti
 
nel mio terreno bruciato dal salino,
 
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
 l’ansietà del suo volto giallino.

 

Tendono alla chiarità le cose oscure,
  si esauriscono i corpi in un fluire
  di tinte: queste in musiche. Svanire
  è dunque la ventura delle venture.  

 

Portami tu la pianta che conduce
  dove sorgono bionde trasparenze
  e vapora la vita quale essenza;

 

 

portami il girasole impazzito di luce.

 

 

 

*        *        *

 

 

 
 

Eugenio MONTALE (Genova 12/10/1896 – Milano 12/9/1981)

 
 

*        *        *

 

Antico, sono ubriacato dalla voce
 ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
 come verdi campane e si ributtano
 indietro e si disciolgono.

 

 

La casa delle mie estati lontane,
 t’era accanto, lo sai,
 là nel paese dove il sole cuoce
 e annuvolano l’aria le zanzare.
 Come allora oggi in tua presenza impietro,
 mare, ma non più degno
 mi credo del solenne ammonimento
 del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
 che il piccino fermento
 del mio cuore non era che un momento
 del tuo; che mi era in fondo
 la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
 e insieme fisso:
 e svuotarmi così d’ogni lordura
 come tu fai che sbatti sulle sponde
 tra sugheri alghe asterie
 le inutili macerie del tuo abisso.

 
 

(Entrambe le poesie sono tratte da Ossi di seppia1925)

 

Antonio MACHADO

 

 

A  Juan  Ramón  Jiménez

 

per il suo libro  Arie  tristi

 

Era una notte del mese
 
di maggio, azzurra e serena.
 
Sopra la punta del cipresso
 
splendeva la luna piena,

 

illuminando la fontana
 
da cui l’acqua sgorgava
 
singhiozzando a intermittenza.
 
 Solo la fontana si sentiva.

 

Poi, si udì l’accento
 
di un nascosto usignolo.
 
 Spezzò una raffica di vento
 
la curva dello zampillo.

 

E una dolce melodia
 
 si diffuse per tutto il giardino;
 
 fra i mirti suonava
 
un musico il suo violino.

 

Era un concorde lamento
 
di gioventù e di amore
 
che innalzavano la luna e il vento,
 
 l’acqua e l’usignolo.

 

” Il giardino ha una fontana
 
e la fontana una chimera… “
 
cantava una voce dolente,
 
anima della primavera.

 

Tacque la voce e il violino
 
 cessò la sua melodia.
 
Rimase la malinconia
 
a muoversi per il giardino.
 
Solo la fontana si sentiva. 

 

 

 

Due poeti spagnoli. A sinistra Antonio MACHADO  (1875-1939), che dedica questi versi
 
– tratti da Campos de Castilla1912 – al caro amico J. R. JIMÉNEZ (1881-1958,  a destra); in rosso, una citazione tratta da Arie tristi1903  ( traduz. di A.  Gonella )

 

 

 

 
 

 

 

 

 

ANGELO e STEFANO MARELLO

 

 

ANGELO   e   STEFANO   M A R E L L O :

 

calcio e ciclismo, Langa e Pavese

 

Angelo e Stefano Marello

 

Una tavolata che vede giulivamente radunati ANGELO MARELLO e un gruppo di cari amici: ne ricordo solo qualcuno, con predilezione per gli ex-corridori ciclisti Italo Zilioli (2° da sinistra), Nino Defilippis (2° seduto a destra) e Franco Balmamion (1° seduto a destra), oltre allo chansonnier Gipo Farassino (1° in piedi a destra, col braccio sulla spalla di Angelo). Appassionato di calcio (soprattutto del ” Torino” di… ieri: Claudio Sala, Zaccarelli, Fossati, Crippa, Cereser, Rampanti, Vieri, Ferrini e tanti tanti altri), ma appassionatissimo di ciclismo, ANGELO merita un quadro a tutto tondo, che un giorno gli dedicherò.

 

Stefano Marello

 

Per intanto ricordo suo fratello STEFANO
 
(Vesime d’Asti 1927 – Torino 2004)

 

Stefano quanto ?            Stefano quando ?
 Stefano tanto                        Stefano ora
 Stefano tutto                   Stefano ancora
 Stefano sempre

 

Stefano terra                   Stefano dove ?
 Stefano vigna                         Stefano qui
 Stefano Langa                      Stefano ciao !

 

Santo_Stefano_Belbo-Stemma

 

 Vitis Sancti Stephani Ad Belbum Vita
 ” La vite di Santo Stefano Belbo (è) vita “

 

La famiglia Marello ha vissuto alcuni anni a Santo Stefano Belbo, centro langarolo dove sono nati Angelo e Cesare PAVESE (1908 – Torino 1950). Uno dei più cari amici dello scrittore, forse il più caro, era il compaesano Pinolo SCAGLIONE (il “Nuto” della Luna e i falò): ho avuto il grande piacere di incontrarlo alcune volte e abbiamo parlato quasi solo di “Pavèis“, del quale condivido soprattutto la passione per la cultura classica greco-latina e l’amore… folle per la campagna (“Rimuginavo che non c’era niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto . . . Io sono scemo, dicevo, da vent’anni me ne sto via e questi paesi mi aspettano. Mi ricordai la delusione ch’era stata camminare la prima volta per le strade di Genova – ci camminavo nel mezzo e cercavo un po’ d’erba . . . un canneto, un odor di fascina, un pezzo di vigna, dov’erano?” – “I grilli e le cicale mi cantavano nel sangue, davano voce all’estate, vivevano” – “Ogni parola che sa di campagna mi tocca e mi scuote”: proprio come succede al sottoscritto).

 

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Conservo come una reliquia la fotografia che ritrae Pinolo con il suo leggendario clarino. Il nome di “Nuto” costella in lungo e in largo La luna e i falò (1950), l’ultimo libro di Pavese. Ecco due paragrafi del II capitolo:
 “Nuto il falegname del Salto, il mio complice delle prime fughe a Canelli, aveva poi per dieci anni suonato il clarino su tutte le feste, su tutti i balli della vallata. Per lui il mondo era stato una festa continua di dieci anni, sapeva tutti i bevitori, i saltimbanchi, le allegrie dei paesi.
 Da un anno tutte le volte che faccio una scappata passo a trovarlo. La sua casa è a mezza costa sul Salto, dà sul libero stradone; c’è un odore di legno fresco, di fiori e di trucioli che, nei primi tempi della Mora, a me che venivo da un casotto e da un’aia sembrava un altro mondo: era l’odore della strada, dei musicanti, delle ville di Canelli dove non ero mai stato”.

 


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Alfieri – Gerbi

 
Incontro  immaginario  con
 
 
VITTORIO  ALFIERI
 
 
( La fantasia al potere, il potere alla fantasia ! )
 
 
 
 
“Signor Conte, nella galleria dei tanti personaggi di cui ha trasposto le vicende in teatro – spesso con tinte truci e sanguigne – c’ è qualcuno che potrebbe fare una degna figura, quella di primattore, per intenderci ?
 
 ” E come no ! Il nome che mi viene in mente è quello di un nostro concittadino il quale, pur non avendo avuto a che fare con tradimenti, congiure, veleni e simili – se non in senso metaforico – presenta in maniera inoppugnabile i tratti diciamo pure più focosi di alcuni miei personaggi: ovviamente è Giovanni Gerbi. Infatti ho buttato giù le prime battute che cantano le sue imprese, passate col tempo dalla storia alla leggenda, una sorta di chanson de geste del ciclismo direi, dove non mancheranno agguati, cariche, squilli di tromba e così via: insomma il repertorio ‘canonico’ di questo genere di composizioni “
 
Perché  Gerbi ? “ 
 
” La risposta è ovvia : perché era un vero diavolo, perché mi piace il suo modo di vivere, di correre, di vincere, di stravincere, di perdere e di far perdere, di arrabbiarsi e di far arrabbiare. E dunque, i tre atti del mio ‘dramma ciclistico’ – è davvero il caso di definirlo così – racconteranno in versi spesso incandescenti tutte le volte in cui la sua ‘ira funesta’ (per dirla con Omero) si è abbattuta con poca o veruna pietà sui malcapitati compagni di avventura. Nella storia del ciclismo – dai primordi fino ad oggi – si annidano a centinaia tradimenti, congiure, scazzottate, veleni  e così via, cioè l’intero e classico repertorio di una ‘tragedia’: in senso metaforico, certo, però siamo lì. Ma il mondo della bicicletta abbonda altresì di tante bellissime, fascinose immagini che ne fanno un universo quasi ipnotico, “pieno di malìa” (come Pinkerton definisce lo sguardo di Madama Butterfly nell’opera di Giacomo Puccini), che ti conquista e ti attanaglia: e dunque, viva il ciclismo! “
 
 
“La ringrazio, signor Conte. Aspettiamo con grande interesse, diciamo pure con trepidazione, questo suo lavoro: ci tenga informati”
 
  stemma alfieri
 
    
 
Lo stemma gentilizio della famiglia Alfieri, con due motti in francese e in latino: ” Tort ne dure ” si può rendere con “Prima o poi, tutto si paga” e ” Hostili tincta cruore ” significa “Bagnata del sangue nemico”, come risulta chiaramente dai rossi artigli dell’ aquila