I T A L O Z I L I O L I :
” ¡ V a y a c o n D i o s ! “
23 maggio 1966: velodromo Olimpico di ROMA, 6a tappa del Giro d’Italia, vinta da Raffaele MARCOLI – compagno di squadra di Zilioli – che purtroppo sarebbe deceduto il 29 agosto a seguito di un incidente automobilistico. Italo è vicino
a don BRUNO GONELLA (fratello di Armando), anche lui “patito” di ciclismo; trattandosi di un tifoso-sacerdote, non sarà certo mancata una speciale benedizione per un buon proseguimento e una buona conclusione della corsa rosa:
a Milano sarà 2°, a 3″57″ da Gianni Motta
Italo ZILIOLI è nato a Torino il 23 settembre 1941. Questo il suo curriculum: a settembre del ’58 l’ esordio da allievo con i colori della torinese Gios (ai quali è rimasto fedele fino al passaggio tra i professionisti) con una dozzina di successi, fra cui il campionato italiano ’59 a Sanremo, poi dilettante dal ’60 al settembre ’62, con una ventina di vittorie, tra cui numerose ‘chicche’ , eccellente preludio al grande salto. L’ anno seguente si assiste alla sua… deflagrazione, a quella che con terminologia musicale possiamo definire “Ouverture in Zilioli maggiore” ; infatti il neofita ventiduenne inanella Tre Valli Varesine, poi i giri dell’Appennino, del Veneto e dell’Emilia: quattro prove di alto lignaggio e quattro vittorie consecutive una più bella dell’ altra, che danno l’ abbrivo ad entusiasmo ed euforia generale, accendendo umori, anche sanguigni, fra i tecnici e gli appassionati. Forte in salita, discesista da… brivido, in un mese e mezzo l’Italo ha fatto vedere all’italica tifoseria di che pasta è fatto: di prima qualità, senza dubbio. Sulla stampa, i titoli diventano titoloni, aggettivi e raffronti si sprecano, tanti, tantissimi cominciano a credere che… a sperare che… a sognare che…
Con 54 vittorie da professionista (Carpano, Sanson, Salvarani, Filotex, Faemino, Ferretti, ancora Salvarani, Dreherforte, Magniflex e Furzi-Vibor), quasi tutte per distacco, il buon Italo ha ‘staccato’ nel 1976. Tra le perle della sua ricca collana, un cospicuo numero di gare italiane in linea: Coppa Sabatini, Coppa Agostoni, Gran Premio Industria e Commercio, Trofeo Laigueglia, Coppa Placci e Gran Premio di Montelupo, i Giri di Appennino e Veneto (entrambi per due volte), Campania, Marche e Piemonte; tra le gare a tappe nazionali la Tirreno-Adriatico mentre fuori dai confini spiccano Campionato di Zurigo e Settimana Catalana a tappe. Un record unico al Giro d’ Italia, cioè 2° tre volte consecutive: ’64 a 1’22” da Anquetil, ’65 a 11’26” da Adorni, ’66 a 3’57” da Motta; e poi 3° nel ’69 a 4’48” da Gimondi e 4° nel ’68 a 9’17” da Merckx, per complessive 5 vittorie di tappa. Tre esperienze al Tour, portato a termine solo nel 1970: 13° a 26’17” da Merckx compagno di squadra nella Faemino, quattro giorni maillot jaune (sotto a sinistra), mentre il ‘rosa’ del Giro gli si è sempre negato; completano il quadro il 5° e 6° posto ai campionati del mondo (’64-’65)
nonché un secondo e tre terzi posti in quello italiano
La pasta di qualità di cui detto sopra non è lievitata – come era lecito, doveroso, diciamo pure obbligatorio sperare o credere – visti gli exploits che avevano proiettato Italo alla ribalta come autentica primadonna del pedale. Le grandi aspettative, le grandi speranze, le grandi inevitabili illusioni tinte di rosa (Giro d’ Italia: viene da pensare alla Vie en rose, la famosa canzone di Edith Piaf…) e magari di giallo (Tour de France) si sono via via tramutate in un grigio perla che in molti ha destato sconcerto e disappunto: ma tant’ è. Quali i motivi? Se ne è scritto tanto tantissimo, da tanti da tantissimi, anche troppo anche a sproposito: i paragoni col principe Amleto di Danimarca – immortalato da William Shakespeare – si sprecano. La risposta più pertinente, com’ è ovvio, la conosce solo l’interessato, in qualità di “persona informata dei fatti”, il quale ha accettato la situazione con invidiabile stoicismo e imperturbabilità, con atarassia per usare un termine ricercato, che in greco si scrive ἀταραξία e si pronuncia ataraxìa. ( Parentesi personale. Italo è già nella storia del ciclismo ‘pedalato’ e con questa citazione in idioma ellenico entriamo – lui e io – nella storia del ciclismo ‘scritto’: una bella soddisfazione per entrambi ! ). Chiuso con le corse, è salito in ammiraglia: ’77-’79 ‘antipasto’ professionisti con Vibor e CBM Fast-Gaggia – Davide Boifava, Luciano Borgognoni, Roberto Visentini e ‘Miro’ Panizza (1945-2002) – poi ’80-’90 dilettanti Fiat, portando a vittorie spesso di prestigio uomini come Giovanni Fedrigo, Alberto Minetti, Piero Ghibaudo (1958-2015), Gianni Zola, Marco Lanteri, Maurizio Viotto, Domenico Cavallo, il danese Jorgen Pedersen…
Corridori che lo hanno particolarmente impressionato? Tra i ‘colleghi’ di ieri, su tutti Jacques ANQUETIL (sotto a sinistra) ed Eddy MERCKX: dell’ asso francese ha ammirato l’ eccezionale connubio fra eleganza di pedalata e potenza sul passo, ma anche in salita Jacquot non era certo l’ ultimo arrivato. Al campione belga (due immagini di… ieri e una di oggi) Zilioli è avvinto da un rapporto di amicizia che si è fatto sempre più stretto e saldo; lo conosce quanto basta per definirlo uomo di una generosità e di una ricchezza umana fuori dal comune, un campione anche nella vita